TRIBUNALE DI MACERATA Sezione civile Il giudice tutelare, letti gli atti della causa n. 1983/2022 R.G. N.C., ha emesso la seguente ordinanza. Con ricorso depositato il 14 giugno 2022, il pubblico ministero presso il Tribunale di Macerata ha chiesto la nomina di un amministratore di sostegno in favore di ..., cittadina ucraina nata in Ucraina il ..., la quale ha lasciato il suo Paese di origine in seguito ai noti eventi bellici conseguenti all'invasione militare da parte della Russia il 24 febbraio 2022, e gode attualmente della protezione temporanea ai sensi della direttiva 2001/55/CE del Consiglio del 20 luglio 2001 (attuata in Italia con decreto legislativo n. 85/2003), della decisione di esecuzione (UE) 2022/382 del Consiglio del 4 marzo 2022 e del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 28 marzo 2022. Con ordinanza del 21 ottobre 2022, in vista dell'ascolto della ... come previsto dall'art. 407, comma secondo, del codice civile, il giudice tutelare, non parlando la ... la lingua italiana, ha nominato un'interprete nella persona di I. P. All'udienza del 15 novembre 2022, tramite l'ausilio della suddetta interprete, il giudice tutelare, come risultante dal relativo verbale, ha proceduto all'ascolto della ... . Con istanza depositata il 21 novembre 2022, l'interprete ha poi chiesto la liquidazione dell'onorario per l'opera prestata. L'art. 145, comma 1, decreto del Presidente della Repubblica n. 115/2002, prevede che «Nel processo di interdizione e di inabilitazione promosso dal pubblico ministero le spese sono regolate dall'art. 131, eccetto per gli onorari dovuti al consulente tecnico dell'interdicendo o dell'inabilitando, e all'ausiliario del magistrato, i quali sono anticipati dall'erario». La disposizione citata, dunque, non contempla il procedimento per l'istituzione di un'amministrazione di sostegno ai sensi degli artt. 404 e ss. del codice civile promosso dal pubblico ministero. Conseguentemente, nella misura in cui la norma citata, nei procedimenti per l'apertura di una amministrazione di sostegno proposti dal pubblico ministero, non prevede la possibilita' per il magistrato di porre l'anticipazione degli onorari dell'ausiliario a carico dell'erario, ad avviso del sottoscritto giudicante, si profila un'evidente disparita' di trattamento rispetto agli ausiliari nominati nei procedimenti di interdizione e di inabilitazione instaurati su ricorso del pubblico ministero, in palese contrasto con il principio di uguaglianza e di ragionevolezza di cui all'art. 3 della Costituzione, non ravvisandosi infatti alcun valido motivo che possa giustificare un trattamento differenziato rispetto alle altre due ipotesi espressamente disciplinate. In prospettiva storica, e' necessario peraltro porre in rilievo che, all'epoca della emanazione del decreto del Presidente della Repubblica n. 115/2002, l'amministrazione di sostegno era istituto ancora sconosciuto al nostro ordinamento giuridico, essendo stato infatti introdotto solamente in epoca successiva, vale a dire con la legge 9 gennaio 2004, n. 6, onde (in chiave storica) si spiega l'assenza nell'art. 145, comma 1, decreto del Presidente della Repubblica cit. di qualsiasi riferimento all'amministrazione di sostegno. Tuttavia, tale spiegazione ovviamente non giustifica la lacuna e la conseguente disparita' di trattamento che in tal modo si sono venute a creare. Lacuna alla quale, sotto altro profilo, ad avviso di chi scrive, non puo' porre rimedio il giudice a quo con un'interpretazione costituzionalmente orientata. Ed infatti, alla luce del tenore testuale del disposto normativo, che fa riferimento solamente all'interdizione e all'inabilitazione, e della diversita' dell'istituto dell'amministrazione di sostegno rispetto ai primi due, non sembrano esservi margini per un'interpretazione di carattere meramente estensivo, e l'applicazione dell'art. 145, comma 1, cit. anche all'amministrazione di sostegno sarebbe il frutto di una interpretazione dai connotati spiccatamente creativi. Ragion per cui a detta situazione puo' porre rimedio solo la Corte costituzionale con una pronuncia additiva di accoglimento (o il legislatore, eventualmente). Per altro e connesso verso, stante la natura del procedimento, non vi sono altri soggetti sui quali possa legalmente farsi gravare l'onorario cui l'ausiliario ha diritto, e men che meno sulla persona nei confronti della quale e' stata chiesta l'apertura dell'amministrazione di sostegno, specie la' dove il ricorso del pubblico ministero sia rigettato. Sulla scorta di tali rilievi, sotto altro profilo, la mancata ricomprensione dell'amministrazione di sostegno nell'art. 145, comma 1, cit. comporta che in questi casi l'ausiliario del giudice dovrebbe lavorare gratuitamente, e cio' in evidente contrasto con gli artt. 1, 4, 35, comma primo, e 36 della Costituzione (sul punto giova richiamare Corte costituzionale 1° ottobre 2019, n. 217). Dal punto di vista processuale, appare opportuno precisare che, nel caso di specie, la sollevata questione di legittimita' costituzionale rileva solamente ai fini della decisione sull'istanza di liquidazione presentata dall'ausiliare e non anche della decisione sul ricorso per l'apertura dell'amministrazione di sostegno. Ed infatti, come gia' sopra rilevato, in ragione della natura del procedimento, della natura pubblicistica del ricorrente e della circostanza che in ogni caso, non essendosi costituita tramite un difensore, la ... non ha sostenuto spese e che inoltre alla stessa giammai potrebbero essere addossate spese essendo il ricorso infondato, non vi sono i presupposti per una pronuncia sulle spese (porre a carico del pubblico ministero le spese dell'ausiliario non significherebbe altro che porle a carico dell'erario). Nel caso in esame, dunque, la sospensione della decisione sul ricorso, oltre che inutile, sarebbe dannosa in quanto contraria al principio di ragionevole durata del processo di cui all'art. 111, comma secondo, della Costituzione, specie considerando la natura degli interessi in esso coinvolti. In questa prospettiva, non e' superfluo ricordare come la Corte costituzionale, proprio alla luce del cennato principio, abbia aperto alla possibilita' di parziale prosecuzione del processo a quo per quelle attivita' «rispetto alle quali la questione sia del tutto irrilevante». In particolare, si e' autorevolmente osservato che «Il citato art. 23 della legge n. 87 del 1953, interpretato alla luce del principio della ragionevole durata del processo che pervade ogni giudizio - civile, penale, o amministrativo che sia -, non esclude che il giudice rimettente possa limitare il provvedimento di sospensione al singolo momento o segmento processuale in cui il giudizio si svolge, ove solo ad esso si applichi la disposizione censurata e la sospensione dell'attivita' processuale non richieda di arrestare l'intero processo, che puo' proseguire con il compimento di attivita' rispetto alle quali la questione sia del tutto irrilevante» (Corte costituzionale 27 luglio 2018, n. 180). Per altro e connesso verso, il procedimento di liquidazione - che prende avvio con l'istanza presentata dall'ausiliario - puo' essere riguardato come autonomo giudizio a quo (nel quale sono coinvolti solamente l'ausiliario, da un lato, e l'erario, dall'altro lato) in quanto idoneo a condurre a una autonoma decisione suscettibile di passare in giudicato avuto riguardo al meccanismo della impugnazione di cui all'art. 170 del decreto del Presidente della Repubblica cit. (arg. ex Corte costituzionale 7 maggio 2008, n. 6, secondo la quale, in particolare, «affinche' la questione possa ritenersi sollevata nel corso di un "giudizio", l'applicazione della legge da parte del giudice deve essere caratterizzata da entrambi gli attributi dell'obiettivita' e "della definitivita', nel senso dell'idoneita' (del provvedimento reso) a divenire irrimediabile attraverso l'assunzione di un'efficacia analoga a quella del giudicato", poiche' e' in questo caso che il mancato riconoscimento della legittimazione comporterebbe la sottrazione delle norme al controllo di costituzionalita' (sentenza n. 387 del 1996)»).